Recensione “Il primo giorno della mia vita” – Paolo Genovese

 

TRAMA: Emily, ex ginnasta olimpica, Aretha, poliziotta dal carattere forte, e Daniel, piccolo divo della pubblicità, hanno ognuno un motivo preciso per essere disperati. Napoleon, un professionista di successo, no; eppure, fra tutti, è il più determinato a farla finita. Un attimo prima che compiano il gesto irreparabile uno sconosciuto li persuade a stringere un patto: mostrerà loro cosa accadrà quando non ci saranno più, cosa lasciano, cosa si perdono, quale sarà la reazione di amici e parenti. Per una settimana i quattro avranno il privilegio di osservare sé stessi dal di fuori e l’occasione di riscoprire ciò che di più prezioso hanno dentro; affronteranno avventure ai confini della realtà, diventeranno un gruppo unito e vedranno realizzati desideri cui ormai avevano rinunciato, dopodiché saranno riportati indietro. A quel punto dovranno prendere una decisione. E per qualcuno l’ultimo giorno della vita potrebbe trasformarsi nel primo di una vita nuova.

TITOLO: Il primo giorno della mia vita
AUTORE: Paolo Genovese
EDITORE: Einaudi
DATA DI PUBBLICAZIONE: 22 Maggio 2018
PAGINE: 302


Recensione

Paolo Genovese autore non lo conoscevo minimamente. Ho sempre associato il suo nome a due film: Perfetti Sconosciuti e Tutta colpa di Freud: due opere cinematografiche che ho apprezzato davvero molto. Solo prendendo in mano questo libro ho unito tutte le tessere del puzzle ed ho finalmente associato il Paolo Genovese registra allo scrittore. Mi sono approcciata a questa lettura più per “obbligo” che per mia scelta, visto che si trattava di un titolo della Challenge delle 3 ciambelle ma, nonostante qualche remora iniziale, mi sono immersa in una lettura delicata e ricca di spunti di riflessione.

Aretha, Emily, Napoleon e Daniel sono i quattro protagonisti di questa storia: quattro figure molto distanti tra loro, con dei passati ricchi di cose da raccontare, ma accomunati dallo stesso desiderio di porre fine alla propria vita. Una scelta non facile da prendere, e soprattutto ancor più difficile da portare a compimento. Pochi istanti prima di farla finita, compare sulla loro strada un uomo misterioso con una proposta altrettanto curiosa: posticipare di sette giorni la loro dipartita e provare a vedere che cosa riserba loro il futuro una volta che non ci saranno più.

Una trama sicuramente molto interessante con una tematica molto delicata ed allo stesso tempo difficile da trattare. Parlare di suicidio non è facile: quando qualcuno decide di smettere di lottare, perde completamente la speranza e decide che l’unica strada percorribile sia quella di interrompere la propria esistenza, le motivazioni che lo portano a compiere un gesto così estremo non sono mai banali. E l’autore, attraverso questo romanzo ha cercato di scandagliare queste motivazioni, mostrandoci la fragilità di quattro persone, ognuna con il proprio bagaglio di sofferenza da portarsi dietro e con il quale fare i conti ogni giorno. Una tematica molto profonda e toccante, che ci viene mostrata attraverso queste quattro realtà.

Una storia che contiene al suo interno una ricca dose di irrealtà ma che, nell’insieme della narrazione, contribuisce a rendere la lettura scorrevole, senza appesantirla troppo con il continuo pensiero rivolto alla morte. Anche perché, attraverso questo romanzo, il messaggio principale che traspare attraverso la sua lettura, è un messaggio positivo e ricco di speranza. Mediante il racconto di queste quattro storie i personaggi in primis e noi lettori assieme a loro, comprendiamo l’importanza della forza del gruppo, dell’imparare a vedere il lato positivo della vita e soprattutto l’importanza di avere qualcuno accanto anche nei momenti più bui.

Per trattare queste tematiche Genovesi si avvale di questo personaggio misterioso, dotato di una dose di capacità sovrannaturali, che mostrerà ai quattro aspiranti suicidi, non solo tutto quello che potrebbero perdersi della loro futura vita se decideranno di compiere comunque il grande passo alla fine della settimana, ma anche l’impatto che la loro assenza causerà su tutti coloro che li circondano.

I personaggi, ovvero i quattro protagonisti, mi hanno molto coinvolto a livello emotivo. Inevitabilmente ci sono dei personaggi con i quali ho fatto più fatica a legare rispetto che ad altri; ma questo è dipeso più dalla storia che mi stavano raccontando piuttosto che per il personaggio in sé. Come lettrice mi sono legata a quei personaggi la cui indole è molto simile a quella della sottoscritta; quando ti riconosci, anche se per singoli tratti, con un protagonista, ti ritrovi a fare il tifo per lui, a combattere insieme a lui perché scelga di continuare a lottare ed a vivere. Dei quattro protagonisti Napoleon e Daniel sono quelli che mi hanno toccato di più, per due motivi differenti. Napoleon si potrebbe definire come l’uomo di successo che ha ottenuto tutto dalla vita ma che, nonostante questo, non riesce a trovare un valido motivo per continuare a vivere. Quello che mi ha spiazzato di più di questo personaggio è stata proprio la mancanza di una motivazione che potessi definire valida per poter dire: non ha più senso vivere. Un personaggio complesso, che mi ha dato molto da pensare. E dall’altra parte c’è il piccolo Daniel, un dodicenne deriso da quelli che dovrebbero essere i suoi amici: additato per la sua forma fisica non proprio longilinea. Deriso perché grasso e con dei genitori dediti a servire il dio denaro piuttosto che preoccuparsi della felicità del proprio figlio. Un bambino fragile, che mi ha commosso molto nel profondo. 

Come dicevo il romanzo risulta molto scorrevole nonostante parli di tematiche che potrebbero far storcere il naso o che comunque non farebbero classificare il libro tra quelle letture piacevoli e rilassanti. Ma la bellezza di questo romanzo risiede anche in questa capacità dell’autore di parlare di un tema così forte con il giusto calibro di emozioni e di parole.

C’è però una piccola pecca che ho riscontrato all’interno del romanzo. Quando ho iniziato il libro continuava a frullarmi nella testa, in una sorta di loop continuo, lo stesso pensiero: questa cosa l’ho già sentita. Avete presente il film Non buttiamoci giù? O il libro dal quale questo film è tratto? Be, per chi conoscesse uno o l’altro, capirà facilmente di cosa sto parlando. Nonostante le trame si sviluppino in maniera differente, ho riscontrato molti elementi comuni, dalla caratterizzazione di alcuni personaggi all’ironia con la quale i quattro protagonisti si interfacciano tra di loro. Niente di troppo problematico, ma mi è dispiaciuto avere l’impressione di trovarmi di fronte ad un già visto.

Nonostante questo il libro rimane un’ottima lettura ricca di molti spunti di riflessione e con una forte dose di speranza nei confronti della vita.

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